Ultimo aggiornamento 7 Agosto 2023
L’Istituto centrale di patologia del libro è nato nel 1938 su progetto di Alfonso Gallo con la finalità di coniugare lo studio del libro dal punto di vista storico e delle sue componenti materiali con le discipline scientifiche.
Sin dalle origini l’impegno dell’Istituto consiste essenzialmente nella ricerca e nell’alta formazione finalizzate alla conoscenza, conservazione e restauro dei materiali librari conservati nelle biblioteche italiane. Nel 1975 (con la legge 805/1975) viene inserito tra gli Istituti centrali del neo Ministero per i Beni Culturali e Ambientali.
Unico nel suo ambito, nel corso degli anni l’Istituto ha accumulato un immenso patrimonio di conoscenze, competenze e abilità, che gli hanno permesso di divenire un punto di riferimento internazionale e un modello istituzionale cui ispirarsi.
Con la consapevolezza che la conservazione e il restauro riguardano la componente materiale dei beni culturali, per oltre mezzo secolo presso l’Istituto si sono svolte ricerche relative alla ricostruzione della storia tecnologica del libro. Questa opzione è stata ripresa e sviluppata a partire dagli anni Ottanta nel solco di una disciplina – l’archeologia del libro – che si pone come obiettivo la ricostruzione della cultura materiale che ha presieduto alla manifattura del libro antico. Nel corso degli anni i laboratori hanno sempre portato avanti la ricerca sul doppio binario della conservazione preventiva e dell’intervento di restauro vero e proprio. L’attività di ricerca è stata svolta in stretta collaborazione con le principali istituzioni nazionali e internazionali che operano nel settore: dal Consiglio nazionale delle ricerche alle Università, alle organizzazioni internazionali impegnate nel campo della conoscenza e della conservazione del libro antico e moderno.
Nel corso dei decenni l’ICPL ha guadagnato notorietà e prestigio internazionali nel campo del restauro dei beni librari, testimoniati dai sempre più numerosi e significativi interventi, tra i quali ricordiamo i più recenti.
Nell’ultimo anno di attività è intervenuto su 35 carte del Decameron di Boccaccio, rinvenute alla fine dell’Ottocento dall’avvocato Fabio Vitali all’interno di un incunabolo stampato a Ulma nel 1478: le carte, risalenti alla seconda metà del XIV secolo e redatte da una mano coeva al Boccaccio, sono state sottoposte a un particolare tipo di restauro, con l’obiettivo primario del recupero delle aree compromesse dal riuso.
Un altro intervento particolarmente rilevante è stato quello sul manoscritto Piana 3.207 conservato presso la Biblioteca Malatestiana di Cesena, un codice di grande formato, membranaceo, risalente al XIII secolo, riccamente miniato e contenente il Decretum Gratiani.
L’Istituto ha inoltre sempre collaborato all’organizzazione tecnica e normativa e ha svolto un’intensa attività di consulenza per la soluzione dei problemi della conservazione e del restauro nelle biblioteche statali italiane. Ha affrontato problematiche complesse ed emergenze drammatiche: la campagna di lotta contro le infestazioni termitiche, il censimento dei danni causati dai bombardamenti, i crolli e gli incendi, il recupero del materiale danneggiato con l’alluvione di Firenze, gli interventi sui volumi appartenuti a Cesare Pavese danneggiati dall’esondazione del Tanaro (6 novembre 1994).
Ha fatto parte del gruppo di lavoro per la conservazione dei rotoli del Mar Morto ed è stato individuato come responsabile del progetto di recupero dei frammenti membranacei di Corano, risalenti al settimo e ottavo secolo, fortunosamente venuti alla luce nella Grande Moschea di San’;a in Yemen.